TESTAMENTO BIOLOGICO AL SINDACO
CONOSCERE PER SCEGLIERE. LEGGERE QUESTA PAGINA CON MOLTA ATTENZIONE.
"Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l'individuo è sovrano"
- John Stuart Mill, Della Libertà
"L'interruzione di procedure mediche sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Le decisioni vanno prese dal paziente o da coloro che ne hanno legalmente il diritto"
- Catechismo della Chiesa cattolica articolo 2278
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Questo documento è composto da due pagine:
- la prima è la lettera al Sindaco con la quale si fa appello al suo ruolo di autorità anche sanitaria, perché sia tutelato il proprio testamento biologico;
- la seconda è il testamento biologico vero e proprio. Ognuno lo legga e lo modifichi come meglio crede, ricordando che potrà ancora modificarlo in futuro.
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PERCHE' IL TESTAMENTO BIOLOGICO AL SINDACO?
Egregio Sig. Sindaco, con la presente affido alla Sua Autorità...........
Inizia così la lettera inviata ai sindaci al fine di far registrare e conservare il testamento biologico negli archivi del Comune. Con questa modalità semplice ed efficace l’iniziativa, promossa dalla Cellula Coscioni di Lecco, mira a rendere effettivo e pubblico il riconoscimento di questo diritto soggettivo. Infatti, il Comune è obbligato per legge a registrare e archiviare nel proprio protocollo ogni documento ricevuto o spedito. Così il sindaco potrà essere chiamato a testimoniare sulle dichiarazioni anticipate di cura del suo cittadino nel caso sia divenuto incapace di rifiutare trattamenti sanitari non desiderati.
“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Il secondo comma dell'art. 32 entrò a far parte della nostra Costituzione sull'onda emotiva delle drammatiche rivelazioni emerse dal processo di Norimberga, in particolare quelle dell'investigazione curata dal dr. Leo Alexander, che portarono alla condanna di venti medici e tre dirigenti-amministratori tedeschi per crimini di guerra e crimini contro l'umanità. L'eredità di Norimberga fu profonda e origine delle successive risoluzioni sul rispetto dei diritti umani in medicina e nella legge internazionale.
In Italia per sessant'anni quel principio costituzionale non assunse alcun rilievo politico, confinato nel ricordo scolorito di tragedie di guerra, nemmeno come monito e prevenzione di possibili future prassi medico-amministrative illecite che - come fu accertato dal processo - possono svilupparsi anche in condizioni di presunta normalità.
Finora, il diritto nazionale ed europeo garantisce la cura della salute del cittadino nell'ambito di due principali fattispecie: da un lato, quale consumatore di prodotti e di servizi sanitari, dall'altro lato, in quanto potenziale paziente-cavia utile alla sperimentazione clinico-farmacologica. Un'altra fattispecie, ancora in corso di consolidamento, deriva dalla sempre più stretta e ovvia correlazione tra ambiente e salute.
Manca del tutto, invece, l'ordinamento per la pratica applicazione della Carta europea dei diritti fondamentali della persona a garanzia e difesa della sua dignità.
In questo contesto, la stessa diffusione della buona pratica del consenso informato alla cura ha assunto il valore e il limite burocratico più o meno simile a quello attribuito alle etichette informative che troviamo sui prodotti alimentari.
Solo in questi ultimi anni, l'immensa distanza esistente dal corpo dei malati al cuore della politica e l'incuranza della prassi medico-amministrativa corrente per quel diritto fondamentale sono state più volte percorse e colmate dai passi da giganti di pochi uomini determinati e coraggiosi: Luca Coscioni, Piero Welby, Beppino Englaro.
Sulle loro impronte anche noi possiamo andare su quel sentiero di libertà, verso il cuore della politica, con semplici atti di responsabilità individuale.
E' questa l'origine dell'idea di affidare il testamento biologico ai nostri sindaci, vale a dire, trovare il modo di tradurre quei difficili e sofferti passi in atti semplici, responsabili e individuali, con pratiche diffuse e alla portata di tutti, di noi cittadini verso le autorità più prossime: i sindaci dei nostri comuni ai quali è stato assegnato il compito di rappresentare la Repubblica Italiana.
Queste “buone pratiche”, proprio perché sono opera di giganti, non hanno bisogno di solidarietà o atti di semplice responsabilità individuale.
Semplici pratiche civiche di buon senso, per riaffermare lo stesso diritto di libertà chiesto per Eluana Englaro.
Per lei e per noi tutti dobbiamo ricordare alle autorità, ad incominciare dai sindaci, che non possono ignorare quel trattamento sanitario coatto inferto a Eluana Englaro. Se dopo sedici anni si è ancora in attesa che la politica prenda atto di ciò che avviene, senza regole né leggi, allora si deve considerare il fatto che siamo di fronte, invece, ad un normale caso di prassi medico-amministrativa, ad una fattispecie molto prossima a quei crimini contro l'umanità già condannati dalla storia, avendo ormai da tempo e di gran lunga oltrepassato quei limiti imposti dal rispetto della persona umana. Una fattispecie che comprende anche il reato di tortura, non a caso anch'esso ignorato dal codice penale italiano nonostante che il Parlamento abbia ratificato già da vent'anni la Convenzione ONU sull'inviolabilità dei diritti fondamentali dell'uomo.
Il caso specifico, proprio perché in corso da sedici anni, è ormai avulso dalla vita quotidiana cittadina e, salvo qualche eccezione, ignorato se non emergesse di tanto in tanto, tra il fastidio e l'incomprensione delle autorità pubbliche supportate dall'ostracismo giudiziario, l'irriducibile volontà di Beppino Englaro di ottenere il rispetto e la libertà per la figlia Eluana.
Un rispetto di valenza costituzionale che impone limiti definiti e propri della singola persona, o di chi ne fa le veci, non a caso indefiniti e non dettagliati dalla legge ordinaria, ma che nessuno e nemmeno una futura legge può violare.
Si denuncia e si espone alla politica questa moderna fattispecie criminosa per la sua peculiare normalità e per la totale distrazione pubblica in cui avviene ed è nascosta. Mentre si moltiplicano altri protocolli medici e altre prassi amministrativo-finanziarie con il potere, extra legem, di gestire corpi senza futuro umano che non hanno capacità d'intendere e di dare il consenso alle cure, senza rappresentanti di fiducia per tale scopo. Il potere di creare un Limbo reale senza l'autorità di definire quei limiti imposti dal rispetto universale della persona umana.
Il rispetto della nostra persona va, perciò, imposto preventivamente affidando all’autorità del sindaco il nostro testamento biologico. E’ la via più breve ed il minimo che si può fare per arrivare velocemente al più vicino cuore della politica.
Qualora il sindaco si rifiutasse di protocollare uno o entrambi i documenti contattaci a questo indirizzo cellulacoscionilecco@gmail.com